25 marzo 2018

Gli effetti benefici del Jazz

Non potrei mai scrivere la recensione di un disco Jazz. A dire il vero ci ho anche provato, ma non ne sono capace, mi mancano le basi e l'esperienza necessarie e probabilmente scriverei delle sciocchezze. Prima di mettermi all'opera andrei sicuramente a curiosare nel web, e il risultato dei miei sforzi suonerebbe fasullo, impersonale. Principalmente a me. E allora non credo che la scriverò mai, anche se il Jazz, in special modo quello della prima metà del secolo scorso, rappresenta da tanti anni una valida alternativa a quanto ascolto abitualmente. Questa passione parallela è molto facile da alimentare e mantenere, perché i dischi appartenenti a questo genere si sono sempre trovati a quattro soldi e in passato ne ho comprati tantissimi. Però non so scrivere di Jazz, tanto meno di nascente Cool Jazz e di alternative al Bebop. Mi limito ad ascoltare con grande interesse, ad apprezzare. Indugiare sulle note di Kind Of Blue mentre fuori la butta giù a secchi mi regala ancora grandi emozioni.

Iniziò con Tutu. Mi capitò di leggere una recensione dedicata all'album su una rivista musicale che compravo regolarmente negli anni '80, e avendola trovata assai positiva pensai che dopo dieci anni passati a macinare rock, l'ultima fatica discografica di Miles Davis mi avrebbe permesso di conoscere altro. Tutto qui. Pensieri semplici, lineari, tipici dei vent'anni. Forse sarebbe stato il caso di puntare a un classico dell'epoca d'oro, ma chi li conosceva? Poi non è affatto detto che si debba iniziare con i classici, no? Allora mi recai in un grande negozio di dischi della capitale e chiesi al commesso, un ragazzo senza nome e ormai senza più volto.

Avete Tutu di Miles Davis?
Che? Er Tutù? Che è?
Scusa, pensavo che questo fosse un negozio di abbigliamento.

Feci centro al secondo tentativo e dopo questa partenza stentata il 33 giri si trasformò velocemente in un grande, inatteso successo. Mi piacque perché il suono sapeva di cose antiche, ma allo stesso tempo sembrava perfettamente al passo coi tempi. Ripensandoci, il grande merito per la riuscita del disco va attribuito a Marcus Miller, che facendo praticamente tutto da solo permise a Davis di liberare la sua arte. Ricordo anche altro. La mia ragazza di allora passò a casa mentre Tutu era sul piatto, ce l'avevo appena messo. Non disse nulla, evidentemente presa da quanto stava ascoltando. Lasciò che il brano sfumasse, poi si rivolse a me con la faccia di chi ha avuto un'illuminazione improvvisa. Anche in questo caso, la conversazione è rimasta scolpita nella mia mente.

Sai, domenica prossima i miei non ci sono...
Meno male...
Se porti il disco ti faccio uno spogliarello...
Lo porto si! Per caso hai un tutù?
?
Niente, niente...

Se la cavò egregiamente, anche senza tutù.
Viva il Jazz.

2 commenti:

  1. Adoro il Jazz. E' terapeutico. Anche il free Jazz. Ho un album free Jazz di Ornette Coleman niente male ;)

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    1. Anch'io lo adoro. Rispetto al Rock l'ho scoperto in ritardo, ma poi mi sono rifatto!

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